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Nel numero di aprile 2016 di viveresostenibile.net il Dott. Frusi dà seguito alla sua rubrica, rispondendo ad un quesito che riguarda l’acidosi e il conseguente dolore allo stomaco.
Tutti conoscono il concetto di “acidità”, per averlo provato almeno una volta al proprio stomaco, mentre pochi sanno che la “acidosi” è riferita al metabolismo e riguarda pertanto l’intero corpo. Oggi, riagganciandoci – come promesso – all’argomento del numero precedente, cerchiamo di capire come riconoscere e interrompere la piccola acidosi occasionale (quella “grande” è una vera patologia, da trattare in sede esclusivamente medica e di cui pertanto non ci occupiamo). Certe situazioni biologiche liberano dei radicali chimici che intasano i sistemi di smaltimento, provocando acidosi:
– alcuni alimenti (carni di vario tipo, farine bianche 00, formaggi, zucchero dei dolciumi e delle bevande, superalcolici),
– lo sforzo fisico prolungato,
– lo stress,
– certe malattie, soprattutto quelle cronico-degenerative,
– molti medicinali tra cui: antidolorifici-antinfiammatori; la più parte dei prodotti per trattamenti cronici come gli anti-ipertensivi o gli antidepressivi; persino gli… antiulcera, proprio loro, perché impediscono la liberazione di acido nello stomaco e costringono l’organismo a riversarlo nel sangue.
Un cervello “immerso in un bagno acido”, seppure transitorio, esaspera le percezioni disturbanti: un moderato fastidio articolare può trasformarsi in autentico, invalidante dolore; in soggetti predisposti, una certa difficoltà respiratoria può evolvere in vera crisi d’asma; un blando mal di testa può esplodere in violenta cefalea; il disturbo mestruale può diventare un dolore incontenibile; un cruccio può diventare una preoccupazione così grave da non lasciarci dormire o da scatenare importanti sintomi di ansia (e addirittura panico, nei soggetti predisposti). E la lista potrebbe continuare… E’ possibile monitorare più volte al giorno il proprio pH (l’indice di acidità) urinario con delle apposite cartine chimiche chiamate “tornasole”. In caso di positività (valori inferiori a 6,2), occorre distinguere a seconda della situazione:
Se siamo in trattamento farmacologico permanente e il curante è d’accordo (cosa che accade raramente, purtroppo, perché il tema dell’acidosi è poco praticato dagli stessi medici) occorre cercare con lui un farmaco sostitutivo che non presenti il rischio-acidosi.
Se questo non fosse possibile, o se non siamo in terapia cronica, occorre ri-orientare la propria alimentazione verso cibi anti-acidificanti o per meglio dire alcalinizzanti: vegetali freschi cotti e crudi, frutta, proteine di origine vegetale come i legumi.
Torneremo sull’argomento perché ci offrirà lo spunto per altre considerazioni.
Fonte: vivere sostenibile aprile 2016 pagina 6