Massaggio connettivale

Si deve alla genialità della tedesca Dicke la messa a punto di questo bel regalo al genere umano. Non so se nel corso della sua esistenza la poveretta abbia dovuto scontrarsi con l’ostilità o, peggio, l’indifferenza del mondo accademico, ma non fatico a comprendere come mai la quasi totalità dei medici ancora oggi ignori il suo importante contributo alla scienza del trattamento corporeo: donna, non-medico, negli anni trenta del secolo scorso, chi mai se la poteva filare?
 
Massaggiare” è verbo di derivazione araba, con un significato analogo al nostro “palpare”. Da questo punto di vista sarebbe più corretto chiamare il metodo di cui parliamo “manipolazione” oppure “trattamento” piuttosto che “massaggio”, perché il tocco non è a piena mano ma riservato ai soli polpastrelli.
 
Connettivo”, come già sappiamo, è il termine generico che identifica tutti i tessuti svolgenti una funzione di collegamento, di tenuta. Il connettivo manipolabile sarà ovviamente quello superficiale, facilmente raggiungibile dalle mani dell’operatore.
Praticamente tutta la superficie corporea può essere trattata con il metodo, rispettando alcune regole di base.
 
La manipolazione consiste in un atto di trazione delle quattro dita parallele (escluso cioè il pollice) tenute rigide come nel saluto romano che procedono in avanzamento, quasi tangenziale alla superficie, lungo un certo tratto di pelle: al davanti del punto di trazione si svilupperà un’onda rotolante che trascina con sé il sottocutaneo. Non c’è bisogno di particolare cura nella scelta dei luoghi da trattare: basta procedere linearmente e con una progressione costante.
Questa metodica esplica perlopiù un effetto locale, di mobilizzazione delle tossine accumulate a poca profondità e di rielasticizzazione tessutale; ha un significato sopratutto estetico.

Più interessante sotto il profilo salutistico è l’altra modalità, effettuata in genere con il dito posto a uncino in modo che il polpastrello agganci e trascini con sé un certo segmento di cute e sottocute.
Occorre rispettare i luoghi da trattare, scegliendo con cura i cosiddetti piani di clivaggio intermuscolari, cioè in sostanza gl’infossamenti che separano il rilievo di un muscolo da quello a lui adiacente: sono le zone di maggiore attività in quanto ricche di terminazioni del sistema nervoso autonomo.
Si spiega in questo modo l’efficacia, a volte straordinaria, del massaggio connettivale in certe patologie da squilibrio neurovegetativo: il segnale meccanico prodotto sui recettori neurologici induce una risposta riflessa che si può trasmettere anche a grande distanza ed è in grado di modificare certe condizioni pervertite.
 
Un esempio sarà più chiarificatore di molti paragrafi.
Certi soggetti soffrono di vasospasmo da freddo: è sufficiente una modesta esposizione all’aria autunnale, o l’immersione delle mani in acqua, per scatenare una crisi di dolore-pallore a tutte le estremità, non soltanto le già citate mani ma persino i piedi, seppure ben coperti da calze e scarpe, o ancora naso e orecchie. L’inadeguato afflusso di sangue, effetto immediato della vasocostrizione, procura nei tessuti una sofferenza che il cervello interpreta come freddo (peraltro obiettivabile) e dolore.
Il massaggio connettivale potrà ottenere una modulazione della risposta reattiva delle piccole arterie, che pertanto si manterranno sufficientemente dilatate.
L’efficacia non sarà mai duratura, men che meno definitiva, perché occorrerà lavorare su altri aspetti del problema (posturali, psicodinamici etc); ma il beneficio iniziale allevierà di molto la sofferenza del soggetto, ben predisponendolo a interventi più complessi.
Anche il mal di testa è ingenerato da una turba neurovegetativa non dissimile, soltanto opposta: un’importante vasodilatazione. L’esperienza però dimostra che ben difficilmente il solo massaggio connettivale è in grado di favorirne la scomparsa. Vien da pensare che si tratti di una patologia più radicata nell’organismo, che come tale si lascia convincere al cambiamento solo con segnali più rilevanti ancora.
 
Il trattamento non è esente da rischi (questa peraltro è una caratteristica di ogni metodo efficace: dipende dal modo in cui viene utilizzato se possiamo ricavarne un beneficio o un danno). Infatti il riequilibrio neurovegetativo potrebbe passare attraverso una fase di instabilità, di iper-reattività che ne sconsiglia l’uso quando il problema sia particolarmente acuto, come una crisi di asma in un soggetto che non abbia mai ricevuto trattamenti corporei.
 
Il fatto che la manipolazione sia superficiale non deve trarci in inganno circa le sensazioni tattili che può evocare: verrebbe da pensare che uno stimolo meccanico non approfondito sia piuttosto innocuo, vero?
A volte certi pazienti NON resistono alle fortissime stimolazioni indotte da quel piccolo, innocuo polpastrello che passeggia qua e là, e ne dànno le descrizioni più pittoresche. Due, in particolare, vengono riferite:
La prima è il “taglio”: molti mi chiedono se sto usando le unghie per fare vivisezione sulla loro pelle, e rimangono attoniti quando mostro le mie dita costantemente limate. La sensazione è spiegabile per il fatto che il polpastrello, avanzando, sposta le masse liquide intrappolate negli spazi fra le cellule, eccitando in questo modo i recettori meccanici che pescano in quelle zone: la spinta del liquido viene soggettivamente avvertita come taglio.
La seconda è il “bruciore”: altri infelici, diversamente dai precedenti, si convincono che io abbia le dita infuocate. Qui entra in gioco la prevalente stimolazione dei recettori neurovegetativi, percepita dal cervello come cambiamento di temperatura.
(In entrambi i casi è presente anche una motivazione metabolica per provare dolore: se ne parla alla fine di questo capitoletto.)
 
C’è una certa costanza percettiva: quasi sempre il singolo soggetto riferirà sempre lo stesso tipo di sensazione, arrivando addirittura a non credere possibile che altri sentano un disturbo differente dal proprio. La propensione dell’organismo per un tipo o l’altro di risposta dipenderà sicuramente da certe variabili biologiche; a tutt’oggi, credo, nessuno è in grado di capire quali siano.
Tutto sommato per me non è poi così importante: io non faccio della ricerca pura, ma miro a ottenere un risultato concreto per il mio paziente.
E in ogni caso, sarà poi così vero che occorre scoprire tutto di tutto? Sì, può darsi che differenziare i soggetti tra “tagliati” e “bruciati” possa un giorno offrire dei vantaggi perché si scoprirà, per esempio, che i secondi rispondono meglio dei primi al connettivale sui settori alti del corpo; e fin qui non c’è nulla da obiettare, l’esperienza avrà offerto una specificazione utile.
Però il passaggio successivo dello scientismo puro sarebbe quello di capire perché il fenomeno avviene in un modo piuttosto che nell’altro, con il rischio di perdersi dietro mille rivoli speculativi e, sopratutto, inconcludenti.
 
Un altro effetto molto significativo del massaggio connettivale è l’allentamento muscolare, che contribuisce a ridurre immediatamente molti dolori di tipo ortopedico.
Le guaine sono pellicole che avvolgono strettamente ogni singolo muscolo, permettendogli di mantenere la propria forma e scorrere agevolmente sui muscoli adiacenti, come un mucchio di salsicce: probabilmente è la diretta sollecitazione meccanica sulle guaine a garantire questo piacevole effetto rilassante.
 Molto spesso utilizzo la tecnica come semplice propedeutico per il lavoro posturale: un organismo rilassato e sciolto apprende ed esegue con più facilità gli esercizi di riallineamento.
 
C’è un ultimo, per ordine di elencazione ma non necessariamente per importanza, effetto favorevole del connettivale, per spiegare il quale dobbiamo attingere a un’espressione molto frequente nelle medicine complementari.
Con “drenaggio” s’intende l’attività di allontanamento delle tossine dai tessuti affinché vengano rimesse in circolo e liberate attraverso i normali sistemi detossificanti (fegato, reni, respiro, sudorazione).
Molto spesso l’organismo si trova impossibilitato a garantire la detossificazione costante che, da sola, manterrebbe lo stato di salute, e questo perlopiù a causa di stimoli eccessivi: alimentazione squilibrata, abuso di alcol, fumo, sedentarietà (che a sua volta favorisce la stagnazione delle tossine), terapie farmacologiche croniche (utili sì, ma anche tossiche: farmaco in greco significa veleno).
Un buon massaggio connettivale incrementa la mobilizzazione tossinica e quindi l’eliminazione all’esterno. In effetti è usuale che dopo il trattamento si abbia una gran voglia di urinare: i liquidi ristagnanti sono stati messi in circolazione e si presentano ai reni per essere scaricati.
I soggetti poli-intossicati sono quelli che più frequentemente percepiscono dolore alla manipolazione: evidentemente i tessuti intrisi di veleni sono più sensibili e reattivi della media.

Per saperne di più

Il testo di questa pagina
è tratto da “La malattia ha le sue buone ragioni, ma le si può far cambiare idea”.
Un tuffo negl’inciuci che l’organismo intesse per sopravvivere e stare il meglio possibile.
Un viaggio un po’ disorientante (e nel contempo rassicurante) nei meandri del funzionamento umano, fisico e psichico.

AUTORE
Mario Frusi

SPECIFICHE TECNICHE
267 pagine
Formato 21 x 15

EDITORE
Edizioni Tecniche – Graphedit

CODICE ISBN
978-88-905430-6-7

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