Project Description
Anche la cosmetica, come il comparto alimentare di cui ci siamo già occupati in un capitolo precedente, è sottoposta a una precisa regolamentazione europea (che fra l’altro impone a medici e estetisti la segnalazione di possibili reazioni avverse; in analogia con il programma di farmacovigilanza, questo viene chiamato “cosmetovigilanza”). E anche per la cosmetica si spera che il complesso protocollo Reach, una volta ultimato, permetta una selezione di prodotti più salutari.
Esistono già, per esempio, delle tinture per capelli di completa innocuità ma perlopiù scontano i limiti di un non ottimale effetto coprente; al contrario, là dove l’efficacia estetica è garantita, numerosi studi ne confermano una pericolosità di vario grado, dalla “semplice” azione irritante cutanea fino a effetti debolmente cancerogeni. Quindi la ricerca si dovrà orientare verso prodotti che soddisfino la doppia esigenza di efficacia e sicurezza.
Grandi incognite pesano sulle cosiddette “nanoparticelle”: aggiunte ai cosmetici, per esempio ai protettivi solari per l’infanzia e non solo, hanno dimensioni così piccole da poter penetrare indisturbate all’interno delle cellule ed esercitare, in quanto corpi estranei, effetti infiammatori potenzialmente molto pericolosi, anche quando la sostanza di base (per esempio il biossido di titanio, usato da sempre in dermatologia per la sua eccellente azione protettiva) sia comprovatamente innocua.
Le ciprie non sembrano mostrare significativi pericoli, mentre ombretti e rossetti sono a volte irritanti per l’area sulla quale vengono applicati. I deodoranti ad alto tenore alcolico, e/o con alluminio (che esplica un effetto antitraspirante), e/o con certe profumazioni anche di origine naturale possono risultare ugualmente irritanti.
Certo, si potrebbe obiettare che non si muore di capelli bianchi o di volto pallido, e quindi promuovere un cambiamento culturale affinché un numero sempre minore di persone senta la necessità di tingersi i capelli, imbellettarsi la pelle, profumarsi oltre misura; ma questo va al di là di quanto Isde-Medici per l’ambiente può e deve trattare! E comunque la cosmetica non può essere considerata soltanto un superfluo tentativo di abbellimento: i già citati protettori solari, per esempio, sono indispensabili preventivi di danno cutaneo anche grave.
Però in quasi tutti i settori dell’estetica è già possibile reperire dei cosmetici “biologici”, cioè a base di estratti del tutto naturali o pochissimo rielaborati, dove l’unico rischio noto è l’allergizzazione a certe componenti profumate come il limonene.
Che dire, invece, dei soggetti intolleranti anche alla più parte dei comuni prodotti di lavaggio che sulla loro pelle scatenano irritazione, secchezza, prurito, costringendo ad ampie aspersioni di creme lenitive-idratanti a loro volta potenzialmente nocive? Solo recentemente la medicina si sta occupando di dare un inquadramento alla cosiddetta “sensibilità chimica multipla”, che a volte è uno sgradevole inconveniente e in altri casi diventa una vera, invalidante patologia: occorrerà un profondo lavoro di ricerca per bonificare l’ambiente da tutte le sostanze a rischio.
Come espediente transitorio, in certe circostanze per queste persone esiste una soluzione tecnologica sì, ma del tutto innocua: si asperge la regione di semplice acqua e si sfrega delicatamente con un banale panno di microfibra per la pulizia dei … vetri! E’ morbido e ottimamente tollerato: se non esiste anche un’ipersensibilità alla microfibra o al suo colorante, il risultato di detersione può essere sorprendente e assolutamente rispettoso dell’ecologia cutanea.
Rimedi di facile gestione come questo sono sicuramente auspicabili, ma soprattutto è necessario che il cittadino-consumatore-oper
Per esempio occorre ripartire dal codice INCI (acronimo anglofono che significa “nomenclatura internazionale degl’ingredienti cosmetici”), grande catalogo che comprende tutte le sostanze inseribili in un cosmetico, e imparare a riconoscere la categoria di appartenenza del singolo prodotto e il suo grado di innocuità/pericolosità.
In linea generale possiamo stabilire questi parametri:
-come nelle etichette alimentari, gl’ingredienti sono citati in ordine decrescente di quantità: pertanto una sostanza pericolosa ma inserita al fondo della lista rappresenta, verosimilmente, un rischio moderato o forse irrilevante.
-il nome latino identifica un estratto di natura vegetale, quasi sempre innocuo tranne in caso di soggetti a rischio allergico. Ma si può essere allergici, e anche transitoriamente, alle stesse fragole: il rischio pertanto non va inteso in termini assoluti.
-il nome inglese si riferisce a sostanze di sintesi chimica, per le quali il rischio tossico è mediamente molto più elevato.
Alcune categorie:
Antibatterici-conservanti
Necessari per garantire la non contaminazione infettiva del prodotto una volta aperto. Le etichette recano il simbolo di un coperchio sollevato con la dicitura di conservazione in mesi: è bene consumare il prodotto prima che questa data sia trascorsa. Gli antibatterici sono anche indispensabili agenti deodoranti. Perlopiù di produzione sintetica, molto spesso a rischio tossico; ma nella categoria rientra anche l’innocua Melaleuca alternifolia.
Antiossidanti
Anche in assenza di contaminazione microbica, il prodotto può degradarsi. Quando si tratti di sostanze d’origine naturale come la vitamina C o E non ci sono pericoli di sorta.
Coloranti
Molto spesso tossici; ma anche innocui come il caramello.
Emollienti
Ammorbidenti appartenenti a entrambe le origini vegetale e sintetica.
Emulsionanti
Contribuiscono a rendere il prodotto omogeneo; spesso di origine chimica.
Filtri dei raggi ultravioletti
Quasi tutti sintetici.
Idratanti
La semplice e conosciutissima urea, innocua, diventa rischiosa quando viene legata ad altri composti chimici. Altri idratanti sono di derivazione sia chimica che naturale.
Profumi
Anche quelli naturali sono allergizzanti, ma del tutto privi di pericoli per i soggetti non allergici.
Tensioattivi
Allontanano lo sporco accumulato sulla pelle o sui capelli. Innocui quando di derivazione naturale, come certi derivati del cocco.
La lista non è finita… ed è facile capire che anche per un esperto l’impresa di discriminare tra prodotto innocuo e tossico può rivelarsi titanica, anche perché le nuove acquisizioni scientifiche rendono a volte superati certi concetti che erano dati per sicuri soltanto pochi mesi prima. Di conseguenza torna indispensabile appoggiarsi a erogatori d’informazione aggiornati, reperibili in Rete, gestiti da professionisti seri e vidimati come l’eccellente “biodizionario” del chimico Fabrizio Zago.
di Mario Frusi (presidente Isde-Medici per l’ambiente Cuneo)
(Fonte: il sole 24 ore)